Traumi facciali

Traumi facciali
Le cause dei traumi facciali sono in ordine di frequenza incidenti della strada (La traumatologia stradale grazie alla prevenzione ed alla informazione fortunatamente risulta essere in diminuizione), traumi sportivi (es. calcio, rugby, tennis, ecc.), cadute accidentali, percosse, ferite da arma da fuoco al volto etc., traumi sportivi (es. rugby, tennis, calcio etc.), cadute domestiche e non, percosse.Le lesioni traumatiche del massiccio facciale possono presentarsi isolate oppure associate a lesioni del neurocranio e/o di altri distretti. Se coinvolti settori diversi dell’organismo come organi interni, strutture scheletriche nei vari distretti corporei, o se il paziente è in stato di coma, il trattamento chirurgico maxillo facciale deve essere posticipato. Tutti i settori anatomici possono essere coinvolti: ossa della volta cranica, orbita, naso, zigomo, mascellare superiore e mandibola. Tali fratture possono presentarsi isolate o combinate fino al più complesso quadro di “fracasso facciale”.

Settori anatomici interessati:

Fratture del pavimento orbitario
Le fratture del pavimento orbitario sono legate all’interruzione ossea del solo pavimento orbitario.L’etiologia di queste fratture riconosce un agente traumatico limitato alla regione del globo oculare. Infatti, un trauma che si esercita direttamente sul globo oculare trasmette la sua energia, attraverso di esso, alle pareti della cavità orbitaria; tra queste, la più fragile è costituita dal pavimento dell’orbita, il quale con relativa frequenza può fratturarsi e consentire l’erniazione del contenuto orbitario nel seno mascellare.E’ presente diplopia (visione sdoppiata) e l‘anestesia della regione anteriore della guancia e del labbro superiore, quelli obbiettivi sono l’enoftalmo (occhio rientrante: l’enoftalmo è conseguente al prolasso del contenuto orbitario nel seno mascellare).Il trattamento delle fratture del pavimento dell’orbita è esclusivamente chirurgico e deve essere attuato entro quindici giorni dal trauma.

Fratture dell’osso malare
Esse sono conseguenti a traumi localizzati e di relativa intensità, come ad esempio si può verificare in attività sportive, aggressioni. Nel caso di traumi di maggiore intensità le fratture del malare si trovano associate a lesioni traumatiche più importanti, come fratture del mascellare o fratture craniche. La diagnosi di una frattura del malare non sempre è facile a causa dell’edema dei tessuti molli della regione periorbitaria che frequentemente accompagna tali lesioni può impedire un preciso esame obiettivo. La diplopia, spesso presente nelle fratture del malare, può non essere manifesta subito dopo il trauma. Variabile come intensità è l’emorragia sottosclerale. L’edema e le ecchimosi sono presenti ed interessano prevalentemente la regione. E’ possibile osservare anche un enoftalmo, conseguente al prolasso nel seno mascellare del contenuto orbitario; in tal caso i due globi oculari non si trovano più sull’asse interpupillare. Per tali motivi nel sospetto di una frattura del malare si deve sempre eseguire un accertamento radiografico accurato. L’intervento chirurgico va eseguito entro le prime due settimane dal trauma e per impedire il consolidamento in posizione viziata dei frammenti ossei e soprattutto la fibrosi dei muscoli estrinseci dell’occhio.

Fratture del mascellare superiore
Le fratture del mascellare superiore sono meno frequenti di quelle della mandibola e del malare. Le fratture del mascellare superiore si realizzano solo per traumi di particolare intensità e che si esercitano prevalentemente in senso anteroposteriore. In pratica l’energia traumatica trasmessa dal mascellare si esaurisce nelle rime di frattura con salvaguardia delle regioni craniche.

Tipi di fratture
La frattura tipo LeFort I si verifica quando l’impatto traumatico si esercita al di sotto della spina nasale anteriore; in tal caso la linea di frattura decorre orizzontalmente dalla spina nasale anteriore al margine inferiore dell’apertura piriforme, e termina in corrispondenza della tuberosità del mascellare.
La frattura tipo Le Fort II si verifica per impatti traumatici più violenti secondo una direzione esercitata in senso anteroposteriore e dall’alto in basso. La linea di frattura in questo caso parte dalla sutura fronto-nasale e si dirige in basso per terminare posteriormente in corrispondenza della tuberosità del mascellare La frattura tipo Le Fort III, o disgiunzione craniofacciale, si verifica per impatti ancora più violenti, esercitati con una direzione anteroposteriore e dall’alto in basso. Anche in questa frattura la line di interruzione ossea parte dalla sutura fronto-nasale, si estende però orizzontalmente all’interno della cavità orbitaria lungo la lamina papiracea dell’etmoide, la fessura orbitaria inferiore, la grande ala dello sfenoide, la sutura frontomalare, la sutura temporozigomatica e termina in corrispondenza della parte più alta della tuberosità del mascellare.
La frattura tipo Le Fort II si verifica per impatti traumatici più violenti secondo una direzione esercitata in senso anteroposteriore e dall’alto in basso. La linea di frattura in questo caso parte dalla sutura fronto-nasale e si dirige in basso per terminare posteriormente in corrispondenza della tuberosità del mascellare La frattura tipo Le Fort III, o disgiunzione craniofacciale, si verifica per impatti ancora più violenti, esercitati con una direzione anteroposteriore e dall’alto in basso. Anche in questa frattura la line di interruzione ossea parte dalla sutura fronto-nasale, si estende però orizzontalmente all’interno della cavità orbitaria lungo la lamina papiracea dell’etmoide, la fessura orbitaria inferiore, la grande ala dello sfenoide, la sutura frontomalare, la sutura temporozigomatica e termina in corrispondenza della parte più alta della tuberosità del mascellare.

Disgiunzione intermascellare
La rima di frattura in questo caso segue una linea mediana che parte dalla spina nasale anteriore lungo la linea intermascellare per giungere alla spina nasale posteriore.

Fratture miste:

Frattura di Richet
E’ costituita da una rima di frattura Le Fort I monolaterale.

Frattura di Walter
E’ caratterizzata da una linea orizzontale che si estende da una regione premolare all’altra associata ad una rima di frattura della regione interincisiva.

Fratture di Houet
Si estende da una regione canina all’altra.

Frattura di Basserau
E’ una frattura che si estende da un incisivo laterale all’altro. In considerazione delle condizioni locali e generali non sempre è possibile interrogare un paziente che ha riportato una frattura del mascellare superiore e pertanto la diagnosi dovrà essere orientata prevalentemente dall’esame obbiettivo e dagli esami radiografici.Il sintomo più costante nelle fratture del mascellare superiore è il cosiddetto morso aperto traumatico. Con tale definizione si intende la perdita della normale occlusione dentaria estesa ovviamente al distretto interessato dalla frattura: Il dolore è un sintomo costante L’epistassi o emorragia nasale è un sintomo quasi costante che però riveste importanza solamente nelle fratture alte. La liquorrea nasale può essere presente se alla frattura del mascellare superiore è associata una frattura etmoidale. L’allungamento e appiattimento della faccia con depressione della piramide nasale e delle regioni zigomatiche, unitamente alla deformazione della regione orbitaria, sono caratteristiche delle fratture tipo Le Fort II e III. L’edema e le ecchimosi sottocutanee, a volte estremamente intense, possono interessare la regione palpebrale superiore ed inferiore e tutta la regione facciale. Le ecchimosi endorali sottomucose si manifestano con rapidità inversamente proporzionale alla gravità della frattura. La diplopia è rilevabile prevalentemente nelle fratture tipo Le Fort II per l’interessamento del pavimento orbitario.

Fratture della mandibola
Le fratture della mandibola possono essere classificate secondo la sede. In ordine, le sedi coinvolte sono quelle del condilo, del corpo, dell’angolo, della regione parasinfisaria; le sedi dove meno frequentemente si riscontrano fratture mandibolari sono il ramo e l’apofisi coronoide. La regione del condilo mandibolare è la più debole di tutta la mandibola ed in particolare il punto di maggiore debolezza è rappresentato dal collo del condilo. Ciò risponde allo scopo di difendere la fossa cranica media dall’energia traumatica che verrebbe ad essere trasmessa ad essa dal condilo mandibolare. Il primo elemento che si osserva è l’atteggiamento del paziente a mantenere la bocca semiaperta, lasciando la saliva libera di fuoriuscire dalla rima orale (scialorrea). Ciò è determinato sia dal desiderio del paziente di evitare ogni movimento di deglutizione, che risveglierebbe dolore, sia da un vero aumento di secrezione salivare per stimolazione delle ghiandole salivari. Edemi ed ecchimosi o, nei casi più gravi, ferite più gravi e lacerazioni gengivali sono facilmente rilevabili nella sede dell’impatto traumatico. La presenza di emorragie cutanee o endorali può assumere una particolare importanza se il paziente non è in grado di eliminare il materiale ematico dalla cavità orale con rischio di inalazione nell’albero tracheobronchiale. Elemento caratteristico nella stragrande maggioranza dei casi di frattura mandibolare è la variazione dell’occlusione dentaria è però opportuno ricordare sempre che ci si può trovare in presenza di un paziente portatore di una malocclusione dentaria precedente il trauma. Si passa successivamente a valutare la stabilità di tutti gli elementi dentari presenti. L’alterazione occlusale rilevabile dopo una frattura mandibolare può essere indicativa anche della sede della frattura. Per una frattura bicondilare sarà frequente osservare un morso aperto anteriore per risalita dei due rami mandibolari. Nel caso invece di fratture dell’angolo, del corpo o della regione sinfisaria sarà possibile riscontrare la perdita dell’articolato dentario a partire dalla sede della frattura. Per una frattura di un condilo mandibolare sarà presente osservare un morso aperto traumatico controlaterale ed un cross-bite omolaterale alla lesione. Per una frattura bicondilare sarà frequente osservare un morso aperto anteriore per risalita dei due rami mandibolari. Nel caso invece di fratture dell’angolo, del corpo o della regione sinfisaria sarà possibile riscontrare la perdita dell’articolato dentario a partire dalla sede della frattura. Comunque la diagnosi di certezza per identificare sia la sede ed il numero delle fratture che il depiazzamento dei monconi fratturativi è affidata all’esame radiologico. Il trattamento delle fratture mandibolari prevede, come sempre, la riduzione e la contenzione.

Fratture del condilo della mandibola
Le fratture dei condili mandibolari influiscono molto pesantemente sull’omeostasi del sistema stomatognatico, venendo ad alterare il fisiologico rapporto tra condilo e fossa articolare. Questo tipo di fratture possono essere intracapsulari od extracapsulari. Nelle fratture intercapsulari vi è un maggiore rischio di anchilosi dell’articolazione temporomandibolare. Nell’evenienza invece di fratture extracapsulari le alterazioni funzionali e strutturali mandibolari relative al dislocamento di un frammento scheletrico di dimensioni cospicue si palesano maggiormente. La contrazione del muscolo pterigoideo esterno in questi casi determina una dislocazione mediale ed anteriore del condilo fratturato. Qualora il moncone non interferisca con la normomotilità mandibolare, possono essere obiettivabili quadri clinici riconducenti ad alterazioni strutturali, occlusali e funzionali, determinati dalla natura monocondilare o bicondilare della frattura. In caso di fratture bicondilari, il dislocamento dei capi articolari può determinare una riduzione dell’altezza verticale posteriore dei rami mandibolari. Questo deficit è obiettivabile a livello occlusale con un morso aperto anteriore, mentre la diminuzione della dimensione sagittale risulta in una retrusione mandibolare. Il trattamento delle fratture condilari è, a differenza delle altre fratture della mandibola, abitualmente conservativo. Riassumendo, in caso di politraumatismo si rende necessaria la competenza di più specialisti: Ortopedico, Chirurgo generale, Oculista, Neurochirurgo, Rianimatore, Pediatra, Otorinolaringoiatra.

Esiti di trauma
Gli esiti di traumi trattati in modo inadeguato rendono necessari interventi chirurgici di correzione delle alterazioni sedi tessuti molli o dell’osso che possono prevedere innesti ossei prelevati dal paziente o di sintesi. In caso contrario le fratture del volto vanno considerate un’urgenza e trattate entro 7-14 giorni. Importante sempre il ruolo del team con le competenze di più specialisti in modo da garantire un rapido recupero morfologico e funzionale.

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